In questa pagina mettiamo a disposizione un fac simile dichiarazione di nulla a pretendere Colf che può essere scaricato e compilato inserendo i dati richiesti in modo semplice e veloce.
Indice
Dichiarazione Nulla a Pretendere Colf
Quando un rapporto di lavoro domestico si conclude, il datore di lavoro guarda con particolare attenzione alla sottoscrizione di un atto che in gergo viene definito “dichiarazione di nulla a pretendere” o, più propriamente, quietanza liberatoria. In quello stesso momento la colf, o l’assistente familiare, attesta di aver ricevuto tutte le somme maturate e di non vantare ulteriori crediti nei confronti del datore; l’intento dell’atto è placare sul nascere future contestazioni connesse alla retribuzione e alle spettanze di fine rapporto, dal trattamento di fine rapporto alle ferie non godute, dall’indennità sostitutiva del preavviso alle maggiorazioni per lavoro straordinario o festivo. Nel settore domestico, dove il rapporto fiduciario è intenso ma spesso regolato con margini di informalità, la quietanza assume un valore ancora maggiore perché cristallizza in forma scritta ciò che spesso è documentato soltanto dai bollettini dei contributi o da ricevute mensili firmate velocemente a fine mese.
Per comprendere il peso di una dichiarazione di nulla a pretendere occorre muoversi su due piani distinti. Il primo è quello dell’efficacia pratica immediata: una volta firmato il documento, la lavoratrice domestica riconosce di aver percepito l’ultima busta paga, il rateo di tredicesima, l’eventuale indennità di vitto e alloggio e il TFR. In assenza di elementi che facciano dubitare della genuinità della firma, la quietanza fa fede finché non venga impugnata in giudizio. Il secondo piano, però, riguarda i limiti di validità di questa rinuncia. L’articolo 2113 del codice civile stabilisce che il lavoratore non può validamente rinunciare ai diritti derivanti da norme inderogabili di legge o di contratto collettivo durante o alla cessazione del rapporto; le eventuali rinunce sono annullabili, e il lavoratore dispone di sei mesi per contestarle presentando ricorso all’Ispettorato territoriale del lavoro o al giudice. In concreto ciò significa che la colf, anche dopo avere firmato il nulla a pretendere, mantiene la facoltà di far valere differenze retributive o contributive maturate negli ultimi cinque anni: può, ad esempio, sostenere di avere percepito meno ore di straordinario di quante in realtà ne abbia prestate, oppure rivendicare l’omesso versamento di contributi INPS. Non potrà viceversa pretendere nuovamente le stesse voci già pagate e dichiarate come soddisfatte – cioè le mensilità ordinarie o il TFR nella misura effettivamente corrisposta – salvo che dimostri di avere firmato sotto minaccia o senza comprendere il contenuto dell’atto.
Queste coordinate spiegano perché, malgrado il margine di impugnabilità, la quietanza resti uno strumento utilissimo per il datore domestico: riduce la platea delle contestazioni possibili e, sotto il profilo probatorio, pone il lavoratore in una posizione più onerosa qualora volesse sostenere di non avere ricevuto il pagamento indicato nel documento. Ciò che serve è assicurarsi che la dichiarazione venga redatta con un linguaggio chiaro, dal quale emergano la data di cessazione del servizio, l’importo netto complessivamente liquidato, la puntualizzazione che la somma include tutte le competenze spettanti e la formula, appunto, con cui la colf afferma di non avere null’altro a pretendere. È buona prassi annotare a margine le modalità di pagamento – contanti, bonifico, assegno – e allegare la copia della ricevuta bancaria o la firma per quietanza sull’assegno; quanto più l’atto si dimostra puntuale, tanto più difficilmente potrà essere scalfito.
Un ulteriore elemento di tutela consiste nel rilasciare la quietanza in duplice originale, consegnandone una copia alla lavoratrice e trattenendo l’altra unitamente alla documentazione del rapporto di lavoro: buste paga, MAV dei contributi, comunicazioni di assunzione e cessazione al Centro per l’Impiego. Non è obbligatorio, ma risulta raccomandabile, far firmare il documento alla presenza di un testimone o trascriverlo con grafia autografa laddove la colf non sia avvezza alla lettura di testi giuridici: in tal modo si argina sin dall’origine l’eccezione di non aver compreso il contenuto. La forma può essere quella di una breve dichiarazione articolata in un solo periodo, purché contenga tutte le informazioni decisive. Esempio tipico: «Io sottoscritta … dichiaro di aver ricevuto la somma di euro … a saldo di tutte le spettanze maturate fino alla data odierna e di non avere null’altro a pretendere a qualunque titolo». Il datore firma per ricevuta, talvolta unisce un riepilogo delle competenze e, se lo desidera, fa autenticare le firme in comune o da un professionista, benché la legge non lo esiga.
Rimane, come accennato, il margine quinquennale per le rivendicazioni relative a contributi e differenze di paga. L’INPS, d’altro canto, conserva traccia di ogni trimestre versato e invia periodicamente al datore domestico il certificato di assicurazione. Se la colf dovesse sostenere che il datore non ha versato contributi o li ha calcolati su ore inferiori, la quietanza non la priverebbe del diritto di agire; ma il documento potrebbe rivelarsi utile per dimostrare che la lavoratrice era in possesso delle buste paga, conosceva il numero di ore dichiarate e lo aveva confermato. Analogamente, qualora l’assistente familiare rivendicasse un superminimo pattuito a voce e mai corrisposto, la quietanza sarebbe un indizio forte dell’insussistenza di quell’accordo, sebbene non farebbe prova assoluta. In sostanza, la liberatoria non taglia definitivamente ogni azione, ma rende assai più impegnativo l’onere di prova a carico del lavoratore.
Sul piano fiscale, l’effetto della quietanza è lineare: il datore certifica il pagamento delle competenze e le inserisce nella CU, mentre la colf conferma l’incasso e, se superasse i limiti di esenzione, dichiarerà quanto percepito ai fini IRPEF. Anche l’indennità sostitutiva del preavviso o quella per le ferie non godute entrano a far parte dell’imponibile e vengono quindi incluse nella somma indicata nella liberatoria. Dal punto di vista previdenziale, la contribuzione relativa al trimestre in cui cade la cessazione dovrà comunque essere versata regolarmente, indipendentemente dalla firma della dipendente.
Il consiglio, dunque, è redigere il documento contestualmente alla consegna dell’ultimo compenso, farlo firmare in modo sereno, evitare pressioni e garantire alla lavoratrice il tempo necessario per leggerlo, anche suggerendo di farselo spiegare se nutre dubbi. Un atteggiamento trasparente riduce il rischio di impugnazioni fondate sull’asserita inconsapevolezza. Se la colf preferisce avere il testo con qualche giorno di anticipo, concederglielo non sottrae nulla al potere liberatorio, anzi valorizza la buona fede del datore.
In conclusione, la dichiarazione di nulla a pretendere, pur non blindando l’emergere di pretese future su diritti indisponibili, costituisce un presidio essenziale di certezza nei rapporti di lavoro domestico. Sottoscriverla significa porre fine al rapporto con un atto che fotografa la situazione economica all’istante della cessazione, delimita con nettezza il perimetro di eventuali contenziosi e tutela entrambe le parti nel rispetto dei limiti stabiliti dalla legge.
Esempio di Dichiarazione di Nulla a Pretendere Colf
In questa sezione viene mostrato un esempio di dichiarazione di nulla a pretendere Colf.
Si tratta di un esempio utile per chi ha la necessità di produrre un documento di questo tipo, visto che basta adattarlo per le proprie esigenze.
DICHIARAZIONE DI NULLA A PRETENDERE
Io sottoscritto {NOME_LAVORATORE} nato a {LUOGO_NASCITA} il {DATA_NASCITA}, codice fiscale {CODICE_FISCALE_LAV}, residente in {INDIRIZZO_RESIDENZA_LAV}, assunta in data {DATA_ASSUNZIONE} alle dipendenze della/ del sig./sig.ra {NOME_DATORE}, codice fiscale {CODICE_FISCALE_DAT}, con mansioni di collaboratrice domestica ai sensi del C.C.N.L. Lavoro Domestico,
dichiaro quanto segue:
In data odierna ho ricevuto la somma complessiva netta di euro {IMPORTO_NETTO_LETTERE} ( € {IMPORTO_NETTO_CIFRE} ), a saldo di tutte le spettanze maturate fino alla data di cessazione del rapporto di lavoro avvenuta il {DATA_CESSAZIONE}.
L’importo corrisponde a:
− retribuzione dell’ultima mensilità;
− rateo tredicesima maturato e non ancora erogato;
− indennità sostitutiva di ferie e permessi non goduti;
− trattamento di fine rapporto (TFR) maturato;
− eventuale indennità sostitutiva di preavviso;
− ogni altro emolumento spettante a qualsiasi titolo.
Con la presente quietanza riconosco di non avere più nulla a pretendere nei confronti della/ del predetto/a datore/ datrice di lavoro per l’intero periodo di servizio ivi compresi diritti retributivi, indennitari o risarcitori, fatta salva la facoltà prevista dall’art. 2113 c.c. in materia di diritti indisponibili e contributi previdenziali.
Le somme di cui sopra mi sono state corrisposte mediante {MODALITÀ_PAGAMENTO: contanti / bonifico bancario n. ________ del //____ / assegno n. ________}.
Rendo la presente dichiarazione di mio libero consenso dopo averne compreso integralmente il contenuto.
Luogo {}, data {//}
Firma lavoratrice / lavoratore _________________________________
Firma datore / datrice di lavoro _______________________________
(Timbro o firma di un testimone facoltativa) ____________________
Allegati:
− Prospetto liquidazione competenze di fine rapporto
− Copia documento di identità delle parti
− Copia attestante l’avvenuto pagamento (ricevuta bonifico o assegno)
Fac Simile Dichiarazione di Nulla a Pretendere Colf Word
Di seguito si trova il modulo dichiarazione di nulla a pretendere Colf editabile da scaricare sul proprio computer.
Una volta che il documento è stato scaricato, bisogna aprirlo con un programma che supporta i file in formato Word e compilarlo inserendo quelli che sono i dati richiesti.
Il fac simile dichiarazione di nulla a pretendere Colf compilato potrà poi essere stampato o inviato direttamente, a seconda di quelle che sono le proprie esigenze.